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Premessa

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Premessa per i lettori filosofi

Molti filosofi, mi pare, sono terrorizzati dall'idea di non servire piu', ormai da almeno mezzo secolo, da quando cioe' la Scienza ha cominciato a rispondere a tutte le loro domande. Avvertono che il loro campo d'azione si restringe di anno in anno, e sentono sempre piu' vicino il giorno in cui rimarranno del tutto disoccupati. Io sono forse fra i pochi ancora convinti che la Filosofia (come la Poesia) rivesta invece un'importanza capitale per la sopravvivenza "spirituale" dell'umanita'. Credo pero' anche che (cosi' come i poeti sono stati la prima causa delle proprie disgrazie) i filosofi siano responsabili della caduta di carisma della loro disciplina, e pertanto non saro' tenero con loro in questo libro.

Se, nonostante cio', qualche filosofo vorra' egualmente prendere visione del mio lavoro, ne saro' piu' che onorato. Sono convinto che l'Informatica possa rivitalizzare la Filosofia e che la Filosofia possa rendere piu' adulta l'Informatica: auspico di tutto cuore un dialogo piu' frequente e profondo fra le due discipline.

Questo libro tratta in gran parte movimenti di pensiero (filosofici, matematici e scientifici) che hanno avuto origine e si sono sviluppati prevalentemente negli Stati Uniti e nella Gran Bretagna.

Volendo semplificare (e polemizzare) un po', il pensiero filosofico del Novecento si divide in due grandi scuole: quella analitica dei paesi anglosassoni e quella anti-analitica dell'Europa continentale. Le scienze della mente e della macchina che questo libro esamina discendono prevalentemente dalla prima scuola. I filosofi di lingua inglese hanno tentato di chiarire la sostanza di tanti dibattiti millenari semplicemente esprimendo le tesi di quei dibattiti in un linguaggio che non fosse quello ordinario, ambiguo e impreciso, ma quello chiaro ed esatto della logica simbolica; come a dire, invece che provare a rispondere a domande che sembrano molto difficili, proviamo a riformulare le domande in una forma diversa: vedi mai che il problema non stia nel mondo ma semplicemente nel linguaggio che usiamo per parlare del mondo! Questa intuizione si sposa a meraviglia con il computer, uno strumento molto potente per rispondere alle domande "ben formulate", ovvero formulate con l'economia di mezzi e la chiarezza formale che sono della logica simbolica, ma del tutto incapace di aprire bocca davanti a domande formulate nel linguaggio astruso e logorroico della Filosofia tradizionale. Tutto cio' che non e' passato al setaccio di questa sorta di traduzione dalla Filosofia alla Logica genera scarso interesse per un ricercatore dell'Intelligenza Artificiale. (I pensatori europei, inoltre, sono spesso troppo difficili da capire, sono troppo lontani, e non solo per colpa loro, dalla cultura scientifica del loro tempo per poterla realmente capire, non hanno alcun senso dello humour, e, infine, da Freud a Marx, non sono stati molto fortunati in quest'ultimo decennio).

Con questo non voglio dire che Fenomenologia ed Ermeneutica (per citarne due) siano soltanto delle fastidiose appendici di cui farei volentieri a meno, tanto piu' che la stessa cultura anglosassone ha sovente dei rigurgiti anti-analitici (che poi si traducono a livello sociale nei fenomeni pittoreschi di hippie, yuppy, punk e cosi' via, ma questa e' un'altra storia).

Non sempre (anzi quasi mai) ho tenuto conto di tutte le sottigliezze di una teoria filosofica. Il bello della Filosofia, si sa, e' che non si puo' mai dimostrare chi abbia torto e chi abbia ragione: tutti hanno il diritto di dire qualsiasi cosa, senza doversi preoccupare troppo di verificarla empiricamente. Tanto piu' che sono mantenuti a spese dello Stato (con tutta l'invidia di chi, come il sottoscritto e gran parte dei pensatori informatici, deve pagare di tasca propria i libri che acquista e il tempo che perde a scrivere a sua volta libri). In epoca moderna, inoltre, grazie alla facilita' con cui si possono stampare libri, capita sempre piu' di frequente che un filosofo riesca a pubblicare almeno due opere nell'arco della propria carriera che si contraddicono fra di loro. Nell'Informatica si viene licenziati per molto meno.

Credo che sia stato il mio amico Dario a notare un fatto singolare della Filofosia: i filosofi scrivono libri di centinaia di pagine, ma in altri libri gli argomenti di quei loro tomi vengono riassunti in poche pagine, talvolta righe. Se il riassunto e l'originale contengono lo stesso significato, perche' sprecare tante pagine? Si puo' rispondere a questa obiezione in diversi modi, maligni (i filosofi non hanno la dote della sintesi) o benigni (il testo originale rigurgitava probabilmente di dimostrazioni e di esempi a suffragio di quelle dimostrazioni). In verita' gran parte di ogni libro di un filosofo e' dedicato a chiarire il pensiero di altri filosofi (i quali poi sosterranno comunque di essere stati fraintesi, a meno che' non siano gia' morti). Il proliferare delle interpretazioni e' forse l'ostacolo maggiore alla comunicazione fra le varie discipline della ricerca. Auspichiamo che tutti adottino uno stile piu' rigoroso in modo da evitare qualsiasi ambiguita'. Per adesso dobbiamo anche noi affidarci alla sorte, e sperare di non aver troppo frainteso il pensiero dei nostri filosofi favoriti (ammesso e non concesso che esista un modo deterministico per stabilire sempre se abbiamo o meno frainteso).

Qualche filosofo rimarra' forse sorpreso dalla scelta di temi che ho compiuto per questo libro. In realta' molti concetti che i filosofi danno per scontati non lo sono necessariamente. La ragione per cui spesso non vengono messi in dubbio e' che, alla fin fine, servono soltanto a tenere impegnati i filosofi, e pertanto soddisfano perlomeno una causa umanitaria. Quando pero' diventano importanti, possono cambiare radicalmente aspetto. Un esempio recente e' quello della famosa critica dell'Intelligenza Artificiale portata da Searle, secondo il quale il programma di un computer non puo' costituire un modello dell'intelligenza umana. Alcuni filosofi sono d'accordo, altri sono contrari. Ma un po' tutti per tanti anni abbiamo accettato senza contestare il fatto che un programma sia una struttura puramente sintattica; che cio' fosse vero o falso non cambiava di molto il corso delle nostre vite, e tanto meno il nostro stipendio. E' bastato pero' che questo tema diventasse di utilita' pratica (il governo Americano sta tentando di emanare una legge sul copyright del software e deve decidere quali proprieta' possano essere attribuite a un programma) e soprattutto che assumesse formidabili proporzioni economiche (il verdetto finale potrebbe causare il fallimento di qualche colosso industriale e la fortuna di qualche oscuro programmatore), perche' pensatori di altre discipline (principalmente avvocati) affrontassero il problema e, nel giro di poche settimane, giungessero alla conclusione che non e' affatto detto.

Viceversa: molti concetti che i filosofi dibattono ancora accanitamente sono stati da tempo abbandonati. Per esempio, nei libri di Filosofia di questi ultimi vent'anni si e' data grande importanza ai programmi di Winograd e a quelli di Schank. L'Intelligenza Artificiale ha smesso di studiarli da, piu' o meno, vent'anni. In questi vent'anni sono stati costruiti programmi assai piu' sofisticati per fare le stesse cose e, soprattutto, programmi almeno altrettanto sofisticati per fare tante altre cose (che riteniamo piu' interessanti). Il lettore filosofo non si irriti con me, pertanto, se ometto SHRDLU e parlo invece di CYC: non e' colpa mia se tanti filosofi scopriranno l'esistenza di CYC soltanto fra vent'anni.

Premessa per i lettori fisici

Questo libro avanza anche la proposta di edificare una scienza unificata del pensiero e dell'universo. Benche' questo tema richieda lo spazio di un altro libro, anzi di molti altri libri, quanto verra' esposto nei capitoli successivi dovrebbe essere sufficiente a stimolare alcune riflessioni sulle cosiddette "leggi della Natura". Ho cercato di elencare il maggior numero di similitudini fra fenomeni e teorie mentali e fenomeni e teorie fisici; e, laddove avevo qualche intuizione, ho anche cercato di trovare un nesso che non fosse la pura coincidenza.

Tanto fatti macroscopici, quale l'alterazione delle forme, quanto fatti microscopici, quale l'indeterminatezza quantistica, hanno dei corrispondenti nel mondo della mente (la memoria e l'ambiguita'). E da questi paralleli e' forse possibile edificare una teoria unificata dei fenomeni mentali e fisici.

Spero che i fisici, abituati a trattazioni ben piu' rigorose di questa, mi perdoneranno la superficialita' dell'esposizione; e che troveranno comunque materiale su cui meditare, in particolare sulla possibilita' di ricostruire la Meccanica Quantistica su un principio di "ambiguita'" invece che di indeterminatezza. L'idea che il divenire del mondo sia governato dal caso ha dominato e affascinato il nostro secolo, ma forse esiste una teoria che puo' rendere conto dei fenomeni quantistici senza invocare le onde di probabilita', i dadi di Dio e tutto l'apparato di Heisenberg che tanto ha tenuto occupati i filosofi. E, guarda caso, quella teoria (la teoria che chiamero' "dell'ambiguita'" per non saper meglio tradurre il termine "fuzzy") potrebbe al tempo stesso rendere conto del divenire del nostro pensiero in maniera piu' felice di quanto abbia finora fatto la Logica matematica.

Premessa per i lettori informatici

Si discute troppo di macchine intelligenti e si fa troppo poco per costruirle. Questo libro potrebbe indurre nello stesso peccato. Rischiamo di crescere una generazione di ingegneri del software che pensa molto ma non sa fare molto. Come ha scritto Roger Schank nel 1991: "... we are in danger of creating a generation of computationally sophisticated philosophers; they will have all the usefulness and employability of philosophers as well." Traduzione: invece che formare bravi informatici "...rischiamo di creare una generazione di filosofi sofisticati dal punto di vista computazionale. Essi avranno anche la stessa utilita' e la stessa probabilita' di trovare lavoro che hanno i filosofi."

Prendendo a prestito da Paul Jacobs una metafora divenuta presto famosa (a conferma di quale brutta fama ci siamo fatti), si deve distinguere fra "software" (i programmi del computer che svolgono dei compiti utili), "A.I.-ware" (i programmi di Intelligenza Artificiale, che per lo piu' non funzionano come i loro autori sostengono e anzi talvolta non sono mai stati realmente completati) e il "vaporware" (il software che esiste soltanto allo stato di idea, e che forse non e' neppure realizzabile nella pratica). Una volta la differenza era fra le teorie empiriche e quelle non empiriche, e per far parte delle prime bastava aver compiuto qualche esperimento che confermasse vagamente qualche aspetto della teoria; oggi la conferma empirica e' il minimo indispensabile per non essere ridicolizzati, ma poi bisogna anche riuscire a dimostrare di non essere soltanto vaporware o AI-ware, ma vero e proprio software. Costruire software e' certamente molto piu' difficile che non scrivere libri.

Questo libro e' un libero divertimento, non ha alcuna pretesa di insegnare a costruire macchine migliori. Per costruire macchine migliori, dobbiamo usare conoscenze e capacita' che non ci derivano dalla Filosofia e dalla Psicologia, ma soprattutto dall'Ingegneria.

Questo libro parla di come ci si diverte sulle giostre di Disneyland, non di come si costruiscono le giostre di Disneyland.

Premessa per i lettori curiosi

Per la bibliografia ho dato piu' rilievo ai volumi che antologizzano diversi scritti dello stesso autore, piuttosto che fornire i dati delle edizioni originali (per lo piu' introvabili). Cosi' di Davidson viene citato un solo libro, ma in quel libro sono raccolti, nonche' riveduti, scritti che risalgono al 1967. Se lo stesso libro e' stato riedito piu' volte con significative revisioni, ho generalmente fornito gli estremi dell'ultima edizione.

Non ho mai capito perche' di un'edizione si dia solitamente la citta' invece che l'editore. Penso di aver reso un servizio ai lettori fornendo il nome dell'editore, non la citta'.

Le teorie piu' recenti sono tratte dagli scritti degli autori originali, che sono elencati nelle bibliografie dei singoli capitoli. In generale per gli autori di lingua inglese ho citato le edizioni in lingua Inglese, per le altre le traduzioni in italiano.

Sono stato molto dibattuto se fornire una brevissima bibliografia di compendio (ovvero "i libri che consiglio di leggere dopo aver letto questo libro") oppure se fornire l'elenco di tutti i testi da cui ho tratto le mie informazioni (ovvero "i libri che ho letto io prima di scrivere questo libro"). Nel primo caso si rende un utile servizio ai lettori ma si rischia di irritare i professionisti del settore (fra cui i recensori di libri); nel secondo caso si rischia di spaventare i lettori ma si accontentano i critici. Alla fine la paura ha prevalso sul buon senso.

Per una panoramica sui temi di ricerca dell'Intelligenza Artificiale classica non posso che consigliare il mio libro "L'Intelligenza Artificiale" (ed. Muzzio, 1987), che e' stato lodato persino dai miei peggiori nemici. Per una panoramica sulle discipline della mente e della macchina non posso che consigliare il mio libro "La Mente Artificiale" (ed. Franco Angeli, 1991), che e' stato criticato persino dai miei migliori amici. Inutile aggiungere che io considero il secondo nettamente superiore al primo: se non altro, e' l'unico testo di cui sono a conoscenza che affronti uno spettro cosi' ampio di problematiche legate all'intelligenza. La prima parte di quel libro e' propedeutica ai capitoli che state per leggere, in quanto tratta tutti i dettagli che qui daro' per scontati e fornisce un minimo di storia di come certe idee fondamentali si sono evolute nei secoli. In generale all'inizio di ogni paragrafo mi limito a riassumere brevemente gli argomenti su cui mi ero dilungato nella "Mente Artificiale", per poi addentrarmi nelle nuove frontiere.

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