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GLI INEDITI
Il dilemma composizionale

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Fodor e Pylyshyn enfatizzano la necessita' di una teoria composizionale, in cui un concetto complesso possa essere ricavato da concetti piu' semplici, senza la quale non e' possibile rendere conto della "sistematicita'" del linguaggio umano. Pinker e Prince hanno dimostrato che il linguaggio non puo' essere appreso senza che esistano prima delle regole; e pertanto l'architettura non puo' essere puramente connessionista. Clark ha esaminato anche altri fenomeni psicologici che non sono replicabili da un'architettura connessionista.

Il modello connessionista si ferma al livello del neurone e non spiega come si possa passare dalle strutture neurali ai processi mentali superiori. Il modello della mente come elaboratore simbolico, d'altro canto, esibisce il difetto opposto: tratta i processi mentali superiori, ma non e' in grado di spiegare come essi corrispondano con l'attivita' neurale del cervello. Il problema e' come si passi dal livello neurale a quello simbolico, ovvero dal processo fisiologico a quello cognitivo, dalla rete neurale al concetto, dall'anatomia al pensiero, e, in ultima analisi, dal cervello alla mente.

Una teoria composizionale all'interno del Connessionismo potrebbe offrire un nesso naturale fra le neurobiologia del cervello e la cognizione della mente. Visto che nei modelli connessionisti l'unita' elementare e' il "vettore" (un insieme di valori di attivazione dei neuroni oppure un insieme di valori delle connessioni fra neuroni), Smolensky ritiene che da un'architettura connessionista possano emergere delle strutture sintattiche attraverso l'uso sistematico di un'operazione detta "prodotto tensoriale", una sorta di prodotto esterno fra vettori che dia come risultato un nuovo vettore. Ogni espressione complessa, come "moglie di Vincenzo" va decomposta nei suoi ruoli, come "parente femminile" e "parente maschile". Ogni termine e ogni ruolo viene poi identificato da un vettore e l'associazione fra un particolare termine ("moglie") e un particolare ruolo ("parente femminile") avviene tramite il prodotto tensoriale dei relativi vettori. I vettori cosi' ottenuti vanno sommati per dar luogo al vettore che "rappresenta" l'intera espressione. La struttura rappresentata puo' a sua volta essere ricostruita dal vettore complessivo: moltiplicando per il vettore di ciascun ruolo, si ottiene il termine relativo. Per ottenere, per esempio, "Vincenzo" dal vettore complessivo, basta moltiplicare per il vettore di "parente maschile". Si noti che, a differenza del caso rappresentazionale, il vettore relativo a un certo concetto puo' variare di caso in caso, a seconda del contesto.

Smolensky considera la mente alla stregua di una descrizione ad alto livello del cervello e cerca la procedura finita tramite cui la descrizione di alto livello puo' essere derivata da quello di basso livello. E' possibile che si verifichi qualcosa di simile alla Fisica: al livello basso di atomi e molecole si osservano certi fenomeni (il moto browniano, per esempio) e si utilizza un certo linguaggio (carica elettrica, spin, etc.), mentre al livello superiore si osservano fenomeni collettivi (come l'equilibrio) e si utilizza un linguaggio di variabili diverso (temperatura, energia).

Sono stati compiuti anche tentativi di far coesistere allo stesso livello il modello connessionista della mente con quello rappresentazionale. Quasi tutti si ispirano, direttamente o indirettamente, alla "lateralizzazione delle funzioni", la teoria (resa popolare dagli esperimenti di Sperry) secondo cui l'emisfero sinistro del cervello e' cruciale per le funzioni di linguaggio (e' dominante per le funzioni di linguaggio), mentre quello destro e' specializzato nel riconoscimento (e' dominante per il riconoscimento). In quel contesto il modello connessionista si presta per simulare l'emisfero destro, mentre il modello rappresentazionale rispecchia le funzioni analitiche di quello sinistro.

Le risposte a questi dilemmi dipenderanno da quanto correttamente il modello connessionista approssima i dati sperimentali.

Per esempio, non sono ancora stati identificati modelli connessionisti in grado di trattare input e output che siano funzioni del tempo. O, meglio, esistono modelli cosiddetti "spazio-temporali", in cui gli input e gli output sono funzioni del tempo, ma il tempo viene ridotto a una sequenza discreta di intervalli; ma una configurazione spaziotemporale di input in una dimensione temporale discreta si riduce di fatto a una configurazione spaziale. La proprieta' temporale e' invece fondamentale per poter trattare fenomeni come il suono e le immagini. Una rete neurale, tra l'altro, dovrebbe anche essere trasparente a deformazioni spaziotemporali (per esempio, una parola pronunciata piu' in fretta o piu' lentamente).

Mancano, soprattutto, conferme sperimentali. E' da poco che gli psicologi hanno iniziato ad utilizzare il modello connessionista su grande scala e pertanto scarseggiano ancora i dati. I pochi dati disponibili sono comunque tutt'altro che confortanti. Ratcliff, per esempio, ha compiuto esperimenti per verificare la performance delle architetture connessioniste alle mansioni di riconoscimento, con risultati deludenti.

In realta' tutte le critiche mosse al modello connessionista sono facilmente difendibili. L'unica che regge tuttora e continuera' a reggere per parecchio tempo e' quella forse piu' importante: non e' ancora stato costruito un solo sistema basato su una rete neurale che riesca ad eseguire un compito significativo, per quanto limitato. Non uno solo.

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